MAIORANO
Il respiro della luce
a cura di
Martina Cavallarin
testi critici di Alan Jones e Martina Cavallarin
8 ottobre – 13 novembre 2010
La galleria Emmeotto inaugura la nuova stagione espositiva il 7 ottobre alle ore 19.00 con una personale di Maiorano, a cura di Martina Cavallarin, artista che dai primi anni novanta ha intrapreso un avanguardistico percorso intervenendo con la pittura su fotografia già elaborata in digitale.
Il respiro della luce presenta delle opere in cui le immagini ormai care all’artista, architetture dalle altezze vertiginose e figure fluttuanti, si accompagnano a un nuovo tema: simboli tecnologici e fonti rinnovabili pongono degli interrogativi sul futuro del genere umano.
L’opera di Maiorano per questa corposa esposizione si arricchisce di strutturata ricerca e moltiplicazioni di significato. Infatti, alle architetture, agli interni, alle tonalità e alla sapienza manuale e digitale, l’artista aggiunge un tema che si innesta nel filone documentaristico–ecologico, portando la città ad aprirsi alle domande salienti di questo momento storico, ovvero il fabbisogno di produzione energetica legato a un rinnovato rispetto per la natura.
Se prima le incursioni erano costituite da elementi umani o domestici, da vuoti sospesi in luogo di pilastri e volte,ora la commistione di luoghi, simboli tecnologici e fonti rinnovabili, apre la domanda dell’arte alla sua dimensione più nobile e rappresentativa. Per difendere il sociale, salvaguardare l’uomo da se stesso, eludere il destino antropico, manifestando con opere forti e raffinate i problemi più scottanti ed attuali.
La contemporaneità dell’opera di Maiorano sta proprio nella ricerca costante di una sperimentazione intelligente, ricercata, sapiente, nel sublimare con la bellezza ciò che è necessario.
In mostra alcune rielaborazioni digitali con interventi pittorici caratterizzate dall’introduzione di grandi pale eoliche che, dislocate in spazi improbabili, trovano una collocazione quasi reale malgrado lo spaesamento invochi una spiegazione plausibile che solo sovrapposizioni, evanescenze, macchie di colore e toni rarefatti riescono a giustificare rendendo ogni immagine in una posizione di perfetto equilibrio.
In dialogo con i lavori alle pareti Maiorano ha posizionato una costruzione-scultura, frutto di una ricerca sedimentata nel tempo e portata ora alla luce, volume corporeo di tutti quegli elementi fino ad ora solo pellicolari e figurativi presenti nelle opere fotografiche.
“La scultura accompagna l’opera pittorica in modo duchampiano, costringendo lo spettatore ad un salto d’occhio dal “picture plane” alla tridimensionalità (…) il matrimonio dell’immagine fotograficamente ready-made con la soggettività manuale della gestualità pittorica costruisce il vocabolario della nuova accademia globale postpostmoderna”
(Alan Jones, 2010).